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- carenza di ricambi d’aria viziata sono individuabili dalle analisi a mezzo di data logger: se un locale
            già troppo umido viene arieggiato in modo insufficiente (per cattiva abitudine degli occupanti o
            perché le possibilità di aereazione sono scarse - come accade, ad esempio, durante le ore notturne)
            la situazione dei fenomeni fungini può peggiorare. Al fine di diminuire il valore dell’umidità relativa
            (e quindi ridurre, se non evitare, la formazione di muffe) è preferibile aprire spesso le finestre per
            pochi  minuti,  piuttosto  che  aprirle  a  lungo  una  sola  volta  al  giorno,  oppure  aumentare  la
            temperatura dei locali al fine di prevenire la formazione di condensa localizzata;


            -  involucro  edilizio  non  correttamente  eseguito,  con  presenza  di  pareti  eccessivamente  fredde
            (fenomeno invernale) dove l’umidità ambiente condensa e provoca i fenomeni fungini già discussi.


                         CASO 3 – “MALATO”: SALA MUSEALE con forti problemi di condensazione


            L’intervento di verifica è stato richiesto in quanto l’impianto umidificatore, posizionato poco tempo
            prima all’interno di una sala museale, funzionava con problemi. Si erano infatti verificati episodi di
            saturazione dell’aria ambiente con presenza di gocciolamenti dal soffitto.

            L’uso dei data logger ha messo in luce la stratificazione dell’aria all’interno della sala, dovuta alla
            cattiva scelta del sistema di umidificazione.

            Era, infatti, stato scelto un  impianto che introduceva vapore ad alta temperatura per mezzo di
            bocchette posizionate a soffitto del locale. La scelta era dettata da motivi estetici, non volendo avere
            macchinari a pavimento, e da motivi economici, risultando l’applicazione a soffitto più semplice
            ovvero meno costosa.


            In  assenza  di  un  ausilio  meccanico  che  garantisse un  rapido  moto  convettivo,  l’aria  in  quota  si
            saturava, rendendo la sala inutilizzabile per la presenza di un fastidioso gocciolamento dal soffitto.
            Il museo era già dotato di un sistema di rilevamento di temperatura e umidità relativa ad intervalli
            di 10 minuti, posizionato a quota pari a 1,5 m da terra. Considerando l’altezza della sala (circa 4 m),
            per effettuare ulteriori misurazioni si sono posizionate delle sonde a diverse altezze e in diversi punti
            dello spazio quadrato della sala (n.4 a pavimento, n.4 a quota 0,8 m -sotto una delle finestre - e n.
            6 a quota 3,8 m).

            Confrontando i valori misurati dalle 6 sonde a quota più alta, essi erano tra loro assimilabili; i valori
            delle sonde a quota più bassa erano confrontabili con quelli registrati dalla sonda di proprietà del
            museo. La questione fondamentale in questo caso è stata il confronto tra i valori registrati ad alta
            quota e quelli alle altezze più basse: vi era infatti un grosso scarto tra i due tipi di misurazione, e dai
            dispositivi  in  alto  si  registravano  valori  di  umidità  relativa  ben  superiori  al  massimo  valore
            desiderato.

            Dai dati elaborati si è quindi potuto concludere che, per poter avere un valore di umidità relativa
            costante nella sala, ovvero pari valori rilevati dai sensori a quote sia alte che basse (compreso quello
            del museo), era necessario un tempo pari a circa 8-10 ore, nel caso in cui l’umidità relativa esterna
            fosse bassa ed il sistema di umidificazione fosse in funzionamento.

            L’analisi con data logger ha quindi consentito di individuare il fenomeno di stratificazione già sopra
            menzionato.
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